La Resurrezione di Cristo

Auguro una buona Pasqua a tutti e in particolare ai nostri lettori!! Oggi abbiamo realizzato il secondo articolo per la rubrica “Ricorrenze Artistiche“, che, per chi ancora non conoscesse la funzionalità di essa, può informarsi qui: https://spuntisullarte.wordpress.com/perche-questo-blog/ricorrenze-artistiche/.
Essendo la Resurrezione di Cristo un tema molto rappresentato nell’arte, abbiamo deciso di analizzare il tema attraverso una pittura, di cui si occuperà Malerin, e di una scultura, di cui invece vi parlerò io.

La Pasqua è la principale solennità del cristianesimo. Essa celebra, secondo tutte le confessioni cristiane, la risurrezione di Gesù, che avvenne nel terzo giorno dalla sua morte in croce, come riportato dalle Scritture.
Ma ora addentriamoci in tale fenomeno con l’ausilio di opere d’arte.

3145-Donatello_2C_pulpito_della_passione[1]Entrando nella chiesa di San Lorenzo, a Firenze, sotto le ultime arcate della navata centrale della basilica, sono collocati i due Pulpiti di Donatello, le ultime opere eseguite dal maestro e ritenute in larga parte autografe: quello di sinistra è dedicato al tema della Passione di Cristo, quello di destra alla Resurrezione. In quest’ultimo sono rappresentati gli episodi evangelici con Le Marie al Sepolcro, La Discesa di Cristo al Limbo, La Resurrezione (di cui parleremo), L’Ascensione, la Pentecoste e anche Il Martirio di San Lorenzo.
Le scene sono divise e sormontate da elementi architettonici e, nel lato verso la navata laterale, sono posti due pannelli lignei: uno raffigurante la Flagellazione di Cristo, l’altro, che funge da sportello di accesso, San Luca Evangelista.

L’opera è di notevoli dimensioni (3.10×1.25×1.60 metri) ed è costituita da vari elementiciao ciao bronzei assemblati, commissionata da Cosimo il Vecchio a Donatello verso gli anni tra il 1453, data del ritorno del maestro da Padova, e il 1466, anno della sua morte.
Ancora incerte restano le ipotesi relative alla sequenza iconografica, alla dislocazione e alla destinazione d’uso degli stessi, poiché sappiamo che fu­rono mon­tati dopo la morte di Do­na­tello (1466) e che con­ten­gono an­che parti do­vute ai suoi col­la­bo­ra­tori Ber­toldo di Gio­vanni e Bar­to­lo­meo Bel­lano, ampiamente citati dal Vasari, ol­tre a pan­nelli li­gnei di­pinti a finto bronzo.

5c1abdcb-130f-458b-9d78-6a073fc2d29c_800x600Una delle scene raccontate in questi rilievi è la Resurrezione di Cristo (vedi immagine sopra) nel quale si eleva la figura trionfante di Cristo, che si erge ben sopra la cornice, dominando cosi l’intera scena.
Le guardie armate sono tutte cadute addormentate nelle più diverse posizioni e le loro armature ed equipaggiamenti sono trattati con molta cura e realismo.
Gli scudi sono decorati da vari simboli araldici (uno scorpione, un putto a cavallo) e dalla scritta SPQR (sigla del latino Senatus Populusque Romanus, in italiano “Il Senato e il popolo romano”).

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Particolare del Cristo risorto (restaurata)

Il Cristo, sostenendo la bandiera crociata e , in modo inusuale, indossando le bende funebri, poggia il piede sul sepolcro e si presenta alla condizione di Redentore-Risorto.
Ma il suo aspetto è tutt’altro che trionfante, sembra piuttosto esprimere il tormento del tributo fisico che la Morte ha richiesto.
Tale iconologia devia dalla tradizionale cristologia ed anche la composizione risulta del tutto originale, spostata sul lato sinistro, invece della abituale disposizione triangolare, con il Cristo al vertice.
In tutti  i rilievi c’è un elemento di stile che predomina ed è quello dell’emozione forte: vi traspare sempre una violenta  espressività.
Non c’è quella saggia e  quieta presa di distanza dal mondo tipica di un uomo vecchio e stanco: c’è, al contrario, un’ esigenza di esprimersi di un’energia travolgente.

Il non-finito, le deformazioni fisiognomiche e le libertà stilistiche delle scene, un tempo bollate come “errori”, sono invece scelte consapevoli, alla base dell’intensità espressiva e drammatica dell’ultima opera di Donatello.

Ma vediamo ora come si traduce tutto ciò in pittura.

Una delle scene pittoriche più emblematiche e ricche di pathos riguardante la Resurrezione può essere, senz’altro, quella affrescata da Giotto nella Cappella degli Scrovegni: qui, il famoso pittore organizza, in quattro fasce a pannelli, le storie di Gioacchino e Anna, quelle di Maria e, infine, le storie della Passione di Cristo.
Fra le scene della Passione, figura quella che a noi interessa maggiormente, ossia quella della Resurrezione e Noli me tangere, posta nel registro centrale inferiore della parete sinistra, rivolta verso l’altare.

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Giotto, Resurrezione e Noli me tangere, 1303-1305, Padova, Cappella degli Scrovegni

La locuzione latina noli me tangere (in italiano, non mi toccare), viene attribuita a Gesù, che l’avrebbe rivolta a Maria Maddalena subito dopo essere risorto. Ce ne da testimonianza il Vangelo secondo Giovanni (20, 17), dove Gesù afferma, rivolgendosi alla Maddalena “Non mi trattenere, perché non sono ancora salito al Padre; ma va dai miei fratelli e di loro: io salgo al Padre mio e al Padre vostro, Dio mio e Dio vostro“.
La scena, affrescata da Giotto, ci mostra due episodi: a sinistra, il sepolcro vuoto di Cristo, a testimoniare l’avvenuta Resurrezione, a destra, invece, Maria Maddalena inginocchiata davanti all’apparizione di Gesù Cristo, ormai trionfante sulla morte. Sul sarcofago di marmo rosa, di cui si ricorderà Piero della Francesca nel suo Cristo Risorto conservato a Sansepolcro, stanno seduti due angeli, mentre, ai suoi piedi, addormentati e sfiniti, riposano le quattro guardie che nulla vedranno di quello che sta accadendo.
Ricca di interiorità è la scena posta sulla destra in cui Maria Maddalena dialoga con Cristo, con una trepida tenerezza e una comunione che va oltre la morte. Durante questo dialogo carico di devozione, la Maddalena vorrebbe trattenere Gesù che invece si sta allontanando, mentre sotto i suoi piedi, rifiorisce la natura. Gesù, durante il loro dialogo, si esprime con dei gesti, con sguardi eloquenti e dolci, per far intendere, alla povera donna, che quel momento di unione non è possibile; mentre, con l’altra mano, regge un vessillo crociato su cui campeggia la scritta “VI[N]CI/TOR MOR/TIS”, simbolo della sua Resurrezione.
Sullo sfondo si notano delle rocce che declinano verso destra, dove avviene il nucleo centrale dell’episodio. Gli alberi, a differenza di quelli che compaiono nella scena del Compianto, sono secchi a sinistra (e idealmente rimandano a quel “prima” della Resurrezione), mentre a destra tornano rigogliosi. L’episodio si caratterizza per un’atmosfera sospesa, che verrà anch’essa ripresa da Piero della Francesca.

Come in altre numerose opere di Giotto, si può notare che ogni personaggio ha una propria caratterizzazione fisionomica e realistica, come anche una caratterizzazione psicologica.

Giotto e i suoi allievi riprenderanno la scena del Noli me tangere anche nella Cappella della Maddalena nella basilica inferiore di Assisi, con la stessa rappresentazione del sepolcro vuoto. Non solo Giotto lo affrescherà, ma anche altri numerosi artisti del tardo medioevo e del Rinascimento, come Duccio di Buoninsegna e Paolo Veronese, oppure Hans Memling e Hans Holbein. Anche gli psicologi moderni si sono soffermati su questo particolare momento biblico, identificandola con il rifiuto e la paura totale del contatto.

In conclusione, auguriamo ancora una buona Pasqua a tutti i nostri lettori e diffondiamo l’arte!

Articolo pubblicato in data 27 marzo 2016

 Scritto da: Max & Malerin

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