L’Iconoclastia

L’Iconoclastia (dal greco eikón, immagine, e klào, rompo) è un movimento di carattere religioso sviluppatosi durante l’impero bizantino, tra l’VIII e il IX secolo. Alla base di questo movimento vi era l’idea che la venerazione delle icone fosse spesso sfociata nell’idolatria, pubblica o privata, tanto da non venerare più il santo o la Vergine, ma la tavola su cui esso era rappresentato.

In sostanza, quindi, l’Iconoclastia è la lotta contro le immagini, proprio quelle immagini che dovrebbero dare, nel credente, una sensazione di salvezza.
Questa “lotta” ha come principale fondamento teologico l’affermata impossibilità di circoscrivere in un’ icona la natura divina di Cristo, secondo quanto diceva Mosè  nell’Antico Testamento:

“Non avrai altri dei di fronte a me. Non ti farai idolo né immagine alcuna di ciò che è lassù nel cielo né di ciò che è quaggiù sulla terra, né di ciò che è nelle acque sotto la terra. Non ti prostrerai davanti a loro e non li servirai perché io, il Signore, sono il tuo Dio”.

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Salterio di Chludov, raffigurazioni di Gesù distrutte dagli iconoclasti (miniatura)

Nell’Esodo però si ricorda che le Tende del Tabernacolo, all’epoca di Mosè, erano ricamate con raffigurazioni di Cherubini ed altre creature angeliche; quindi l’icona in sé è lecita mentre la Bibbia condanna l’idolatria. Si opponevano agli iconoclasti (riassunti nelle figure dell’imperatore, del clero secolare e dell’esercito) gli iconoduli (parteggiano per questa idea le imperatrici e i monaci): per difendere la propria tesi, si appellavano alla natura umana di Cristo che, incarnandosi, può quindi essere raffigurato sotto l’aspetto umano.

Il secolo iconoclasta è, purtroppo, contraddistinto da estrema violenza sia verso i monaci, che difendevano a gran voce l’importanza delle immagini, sia verso le opere d’arte che vennero danneggiate, ricoperte o distrutte.
Gli studiosi suddividono questo periodo in due fasi principali: la prima, dal 730 al 787 (la fase più sanguinosa) e la seconda, dall’815 all’843. Entrambe le fasi sono caratterizzate dalla presenza di due imperatrici prodigiose, prima Irene e poi Teodora che, durante la loro sovranità convocarono due importanti concili (Concilio di Nicea e Concilio di Costantinopoli) per restaurare e ripristinare tutte le immagini sacre, nella capitale e in tutto l’impero.

Al di là delle motivazioni teologiche, molti erano i motivi per cui l’imperatore voleva abolire le immagini: va sicuramente ricordata la vicinanza con il mondo arabo, notoriamente avverso alle raffigurazioni degli esseri viventi; il culto superstizioso ed eccessivo delle icone e, soprattutto considerazioni di carattere politico- economico. Per questo ultimo aspetto, bisogna menzionare senz’altro l’invidia che l’imperatore provava verso le istituzioni monastiche, notoriamente ricche, e la voglia del sovrano di impossessarsi del loro tesoro per riutilizzarlo nella crescita statale.

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Grande moschea (Damasco), decorazione epoca iconoclasta

A causa delle distruzioni perpetrate, è difficile per noi farci un’idea della produzione artistica. Sappiamo dalle fonti che molti degli abomini idolatrici vennero ricoperti per far spazio a scene di caccia e di battaglia; assai gradite erano poi le immagini dei giochi del circo e i paesaggi, abitati da innumerevoli specie animali.

Altre fonti ci fanno intendere invece che le rappresentazioni sacre siano state sostituite da raffigurazioni di carattere simbolico e, il simbolo che domina incontrastato è quello della croce.

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Chiesa di Santa Irene (Istanbul), abside

A Istanbul sopravvive un esempio monumentale della grande croce, campita nel catino absidale della chiesa di Santa Irene. Questa fondazione è giunta sino a noi grazie alla ricostruzione promossa da Costantino V Caballino dopo il terremoto del 740. Le colossali dimensioni vengono mantenute nella nuova ricostruzione e vi viene apportata una nuova decorazione, tutta aniconica (senza personaggi), non solo nel catino absidale ma anche nel nartece, secondo i nuovi dettami iconoclasti.

Dopo la restaurazione da parte di Teodora, madre nonché reggente di Michele III, l’importanza delle immagini non venne più messa in dubbio a Costantinopoli ma, altri eventi iconoclasti si sono susseguiti nella storia.
Numerosi riformatori protestanti, fra i quali Zwingli e Calvino, incoraggiarono la distruzione delle immagini religiose appellandosi ai dieci comandamenti o alla sottointesa eresia pagana. Oggetto di questa distruzione furono i dipinti e le statue ritraenti santi ma anche le reliquie, le pale e i retabli che vennero dati alle fiamme in Germania, in Svizzera e nelle Fiandre (qui la rivolta fu così enorme da essere ricordata nella storia come la “rivolta degli accattoni“).

In ultimo ricordiamo che, al di fuori del contesto religioso, nella storia dell’umanità, soprattutto in periodi caratterizzati da cambi di regime, è capitato molto spesso che le opere d’arte o i simboli dei governi precedenti venissero distrutte dai ribelli in segno di prevaricazione.

Scritto da Malerin 

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