Prima di analizzare l’artista di oggi che, come desumerete dal titolo sarà appunto Parmigianino, vorrei scusarmi con voi lettori per l’assenza di questo periodo: purtroppo, con gli esami universitari da dare, sia io che Max, abbiamo avuto poco tempo da dedicare a noi stessi e a questo blog, ma ora torneremo più carichi di prima, con nuovi articoli e nuove proposte!

Parmigianino, Autoritratto entro uno specchio convesso, 1524, Vienna, Kunsthistoriche Museum
Ora, invece, concentriamoci su uno degli artisti che ha rivoluzionato la pittura italiana del Cinquecento maturo: Girolamo Francesco Maria Mazzola, detto il Parmigianino.
Nato a Parma nel 1503, Parmigianino completa la propria formazione ed educazione artistica prima presso la propria famiglia (dei documenti ci rivelano essere il figlio del pittore Filippo Mazzola) poi, studiando le opere del Correggio conservate appunto a Parma; la sua formazione, però, comprende anche lo studio delle opere di Dosso Dossi, del Pordenone e infine i dipinti settentrionali di Raffaello.
Dopo un soggiorno romano, avvenuto tra il 1524 e il 1527, il nostro artista matura uno stile classicamente monumentale, caratterizzato da un linguaggio raffinato e innovativo: studiando Michelangelo e Giulio Romano, deciderà quindi di optare per una versione virtuosistica del canone classico di bellezza, evidenziando quei caratteri che lo trasformeranno in uno degli artisti cardine del Manierismo.

Parmigianino, La visione di San Gerolamo, 1526-1527, olio su tavola, Londra, National Gallery
Di questo periodo romano è una pala che, fortunatamente, si è salvata dalle distruzioni del sacco di Roma: la pala della Visione di San Gerolamo.
Commissionata al pittore il 3 gennaio 1526 per la chiesa di San Salvatore Lauro, la pala presenta la Vergine col Bambino sospesa in cielo mentre san Giovanni Battista, in primo piano, è colto nell’atto di indicare all’osservatore la sfolgorante apparizione celeste posta alle sue spalle; un terzo personaggio, steso sull’erba e intento a dormire, può essere considerato il testimone della scena : questo personaggio è appunto San Gerolamo.
Questa pala è ricca di riferimenti ad opere di maestri contemporanei: vengono rielaborati spunti di Raffaello e di Correggio, da cui prese l’idea della visione, come anche il motivo del Bambino grandicello “calato” ai piedi della madre, che riecheggia il tipo della Madonna di Bruges di Michelangelo.
Lo stimolante rapporto con la pittura dei grandi maestri non sfocia mai in una banale imitazione ma, tutti gli spunti, vengono sempre filtrati dalla sua sensibilità, che gli permette di giungere al risultato finale dopo essere passato attraverso ad una lunga fase ideativa, sempre graficamente attestata.
Dopo un soggiorno a Bologna (1527- 1530), Parmigianino ritorna nella città natia, dove realizzerà uno dei suoi lavori più celebri, la Madonna dal collo lungo.

Parmigianino, Madonna dal collo lungo, 1534- 1539, olio su tavola, Firenze, Galleria degli Uffizi
Eseguita per la cappella di Elena Baiardi Tagliaferri nella chiesa di Santa Maria dei Servi a Parma, questa pala viene collocata nella chiesa ancora incompiuta: sotto un cielo nuvoloso attraversato da bagliori luminosi, una elegante Vergine sta seduta in trono guardando il Bambino dormiente adagiato sulle proprie ginocchia. Sulla sinistra della composizione si accalca un gruppo di angeli apteri (senza ali), che offrono un’urna sulla quale riluceva il riflesso della croce, oggi quasi invisibile, ma nota perché descritta minuziosamente dal Vasari; in lontananza, a destra, ai piedi di un alto colonnato, si allunga la figura di un profeta che distende un rotolo.
Sebbene il contratto di commissione del dipinto prevedesse solamente la Vergine tra i santi Francesco e Gerolamo, l’opera si trasforma progressivamente, attraverso una lunga gestazione grafica, dedita a ricreare artificialmente un ideale di bellezza estrema, fredda ma energica, che risulta irraggiungibile.
Emblematica è la bellezza della Vergine, molto raffinata, che non mostra nessun attributo tradizionale, ma ostenta le sue forme prosperose al di sotto del tessuto che la riveste.
Anche per la Madonna dal collo lungo, Parmigianino guarda a una composizione del Correggio: si tratta di una piccola Madonna col Bambino, dipinta una dozzina di anni prima, in cui compaiono lo stesso gesto della mano destra della Vergine, il colonnato e la figura più piccola di un profeta in secondo piano.
Nelle tavole del Parmigianino dominano una molteplicità di spunti teologici, attinti sia dalla cultura medievale sia da quella contemporanea; così nei suoi dipinti si colgono forti richiami al tema della Passione di Cristo o alla Deposizione. Perfino la colonna e il collo lungo di questa tavola non costituiscono solo spunti formali, ma sono manifestazioni visive delle virtù mariane, alludendo alla “torre d’avorio” spesso riferita alla Madonna perché sinonimo della sua purezza.
Scritto da Malerin