Ritratto di un Imperatore

Ho deciso di dedicare l’articolo di oggi a uno degli uomini di stato più importanti, il più longevo e il più saggio di tutti i tempi: Ottaviano Augusto.

Fondatore dell’Impero romano, nonché universalmente riconosciuto come primo imperatore, con le sue azioni Augusto riuscì a mettere fine alla crisi della repubblica, che si presentava ormai inadeguata a reggere e guidare lo stato, sostituendola con un regime monarchico stabilizzato sull’esercito e sul dominio delle province. Continuò quindi l’operato di Giulio Cesare, anche se Augusto volle evitare ogni aspetto dittatoriale, giustificando il suo regime dal punto di vista repubblicano.
aaf61d29691f597f76683ac1270970f4Oltre alla soluzione costituzionale, l’opera veramente grandiosa di Augusto fu la realizzazione di un impero unitario, dove la collaborazione armoniosa di vari elementi eterogenei, che sottostavano alla sua forza regolatrice, garantiva il benessere e la pace, soddisfacendo l’antico ideale dell’abolizione delle guerre tra componenti della stessa civiltà.

Il prozio e padre adottivo Giulio Cesare fu uno stratega e un politico più geniale di lui e Marco Antonio, che lui sconfisse nella battaglia navale di Azio, fu certamente un generale più valoroso e carismatico, ma è stato Ottaviano Augusto a costruire l’impero, governando con opportunismo e dedizione.

Gli storici si chiedono quale sia stato il segreto del suo lungo potere: manovrò con successo tra la vecchia aristocrazia senatoria, i nuovi ceti arricchiti, l’esercito e la plebe in quelle che potrebbero essere definite come larghe intese ante litteram, dedicandosi totalmente al bene dello stato, rafforzando quindi i confini, istituendo colonie e municipi e riformando l’esercito.
Nonostante l’apparato propagandistico, affidato a professionisti come Mecenate, Orazio e Ovidio, non si montò la testa: promosse la divinizzazione di Giulio Cesare, ma per se si accontentò della carica di pontifex maximus (pontefice massimo), che accolse solo quando morì Lepido che, a quel tempo, la deteneva. Fu anche imperator, termine che all’epoca indicava il comandante dell’esercito ma, che con lui cambiò di significato, designando il potere supremo.

Nelle sue memorie, le Res Gestae, scrisse:

“[…] restaurai il Campidoglio e il Teatro di Pompeo senza farvi scrivere il mio nome […]”

Quindi, durante il suo lungo comando, Roma fu abbellita di monumenti e templi; ma vediamo ora come la figura di Ottaviano Augusto venne rappresentata nell’arte di quel tempo.

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Ritratto di Ottaviano Augusto, 35- 30 a. C., Roma, Museo capitolino

Nella complessa serie dei ritratti di Augusto, questa testa del Museo Capitolino rappresenta una delle tappe più antiche e più indicative delle concezioni artistiche all’epoca del secondo triumvirato.

Ottaviano viene qui rappresentato giovane, con la testa piegata verso sinistra e con la caratteristica torsione del collo dei dinasti ellenistici, fissando lo sguardo intento davanti a sé. La chioma è trattata a ciocche in movimento agitato, in cui a stento si riconosce la notissima ciocca a tenaglia sulla fronte, mentre la fronte e le goti sono lasciate lisce.
Si riconosce in questa testa l’intento di rifarsi a modelli ellenistici del ritratto dinastico, rappresentando Ottaviano come un giovane travagliato, con le guance scavate, i tratti affilati e gli occhi infossati, come venne rappresentato anche in una serie di monete coniate dopo la vittoria della battaglia di Azio.

Altra statua, sicuramente più tarda, è l’Augusto di Prima Porta.

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Augusto di Prima Porta, I secolo d. C., Musei Vaticani

Questa statua, rinvenuta nella villa suburbana di Livia sulla via Flaminia, può essere considerata il prototipo delle statue loricate (la lorica è la corazza, l’armatura) imperiali romane prodotte fino al tardo impero.

La figura dell’imperatore è colta nell’atto di compiere il gesto di richiedere il silenzio per un’adlocutio, ossia un discorso formale di fronte alle truppe: è vestita di una corazza riccamente adorna, sotto la quale si intravede una corta tunica militare, mentre il paludamentum (un tipo di mantello che veniva indossato dai generali romani quando comandavano l’esercito) avvolge i fianchi di Augusto per ricadere sul braccio ripiegato, la cui mano stringe una lancia. Il capo e i piedi sono nudi e la gamba destra è sorretta da un puntello figurato a modi  di amorino su un delfino.

I rilievi della corazza, invece, hanno una particolare importanza per il momento storico dell’impero augusteo e per tutta l’ideologia del suo principato, con un’elaborata simbologia che nei decenni successivi verrà sviluppata in opere di propaganda.

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Augusto di Prima Porta, particolare della lorica

In alto vi è la personificazione del Cielo sotto il quale vola la quadriga del Sole, preceduta dall’Aurora e da Phosphorus; mentre nella parte più bassa della corazza compare Tellus, la Terra, semisdraiata tra due putti e inquadrata da Apollo su un grifone e Diana su una cerva. La parte centrale è occupata dalla scena della restituzione delle insegne di Crasso da parte del re Fraate di Parthia ad un generale romano accompagnato da un cane, nel quale possiamo riconoscere quasi certamente Tiberio, mentre ai lati due personificazioni di province vinte, la Germania e la Pannonia, pacificate da Tiberio tra il 12 e l’8 a. C.

La statua sembrerebbe concepita nell’8 a. C. come manifesto dei consueti luoghi comuni di Augusto in sostegno di Tiberio e, presumibilmente, in polemica contro le stelle nascenti di Gaio e Lucio Cesare.
Tutto l’interesse è concentrato sui rilievi della corazza, eseguiti con la consueta perizia propria degli artisti neoattici.

Augusto compare anche nei rilievi dei lati lunghi dell’Ara Pacis, l’altare che venne votato dal Senato di Roma per celebrare la Pax Augustea dopo il ritorno dell’imperatore dalla Spagna e dalla Gallia.

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Rivieli dell’Ara Pacis (particolare della processione ufficiale), 13- 9 a. C., Roma

In questi due fregi viene rappresentata una sorta di processione: una ufficiale con i sacerdoti e una semiufficiale con la famiglia di Augusto, originariamente unitaria ma successivamente divisa in quattro parti.
Nei rilievi della processione ufficiale, la prima parte è assai guasta ma, in essa, si riescono ancora a riconoscere dei littori che, in numero di dodici, dovevano aprire il corteo; si riconosce anche un camillo con la cassetta sacra del collegio ponteficale, il lictor proximus che, secondo il rito, doveva camminare all’indietro per non volgere le spalle al magistrato e al sommo sacerdote. Seguono dei togati in cui vanno riconosciuti i pontefici e, al centro, come pontefex maximus, Augusto, che avanza con il capo velato rivolto verso lo spettatore. La parte ufficiale viene chiusa da quattro personaggi con il caratteristico copricapo apicato.

A questo punto si osserva uno stacco netto e inizia la parte dedicata alla famiglia imperiale, aperta dalla figura di Agrippa, erede principale nella linea dinastica e deceduto nel marzo del 12 a. C.

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Rilievi dell’Ara Pacis (particolare della famiglia imperiale), 13- 9 a. C., Roma

Alla toga di Agrippa si aggrappa un fanciullo, probabilmente il nipote e figlio adottivo di Augusto, Gaio Cesare; quindi è la volta di Livia con il capo velato, seguita dal figlio Tiberio, un personaggio sconosciuto e poi è la volta del figlio minore di Livia, Druso, in abiti militari con la moglie Antonia Minore e il figlioletto Germanico vestito di toga. L’ultimo gruppetto è quello guidato da una donna severamente abbigliata, che posa la mano sulla spalla di un altro fanciullo togato ed è accompagnata da un fanciullo, una fanciulla e un altro togato: molto probabilmente è Antonia Minore con il marito Domizio Enobarbo.

L’ultima che voglio ricordare è il ritratto di Augusto di via Labicana.

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Ritratto di Augusto, I sec. a. C.- I sec. d. C., Roma, Museo nazionale romano

Proveniente dalle pendici del Colle Oppio, questa statua è la copia di età tiberiana di un ritratto di Augusto eseguito alla fine del I secolo a. C. (o agli inizi del I secolo d. C.). Egli è qui rappresentato a capite velato, verosimilmente come pontefice massimo, rivestito di toga in atto di effettuare un sacrificio (nella mano destra, mancante, vi era forse una patera).

La testa, eseguita a parte e successivamente inserita nel corpo, mostra le fattezze di un uomo stanco e ammalato, con il volto affilato e segnato dalla fatica; tuttavia, molto di questo effetto di lontananza psicologica è dovuto alla cosciente opera di sublimazione classicista.

Anche il corpo appare privo di ogni evidenza plastica, tutto percorso dalle profondissime pieghe della toga che sottolineano la superficie a scapito del volume; nel volto si noterà il trattamento metallico e disegnativo dei capelli.

In conclusione si può dire che molte furono le rappresentazioni dell’imperatore Augusto, un uomo il cui destino aveva riservato il governo del mondo. Sotto il suo controllo, l’impero visse un periodo di splendore e di benessere, con un rinnovamento religioso, un’intensa attività culturale e una ricchezza economica che contagiarono tutto il Mediterraneo.

Scritto da Malerin

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