Nell’articolo di oggi affronterò un tema religioso, perché la maggior parte della storia dell’arte medievale e moderna, come ben saprete, tratta temi religiosi. Non si tratta esattamente di un tema religioso, bensì di un soggetto che viene menzionato una sola volta nella Bibbia, ma che è molto rappresentato nell’arte medievale. Sto parlando dei Serafini, appartenenti alla gerarchia degli angeli.
Ebbene anche gli angeli, secondo gli studi ebraici e poi cristiani, sono classificati all’interno di una gerarchia. Le fonti bibliche non definiscono le teorie degli angeli in nessun punto preciso, ma citano in passi diversi quegli angeli dalla differente funzione, che vennero più tardi suddivisi in nove cari, detti anche gerarchie, in seguito allo studio dei Padri della Chiesa siriaci.
Solo alla fine del IV secolo sembra che si trovi un pensiero strutturato chiaramente che verrà accolto da Dionigi, lo pseudo Areopagita, nello scritto De coelesti hierarchia all’inizio del VI secolo.
Si definiscono nove ordini organizzati in tre triadi in cui la gerarchia è data dal grado della partecipazione intellettuale ai misteri divini: i più vicini a Dio sono i serafini nella gerarchia più in alto, poi ci sono i cherubini e i Troni, cui seguono Dominazioni, Potestà e Virtù, e infine Principati, Arcangeli e Angeli.
Il pensiero dello pseudo Areopagita sarà in seguito ripreso da Gregorio Magno e diverrà corrente per tutto il Medioevo, ma dal XV secolo gli umanisti metteranno in dubbio tali teorie e di conseguenza si andrà perdendo una distinzione iconografica.

Coppo di Marcovaldo, Cristo e le gerarchie angeliche, XIII secolo, Firenze cupola del Battistero
In tale opera è ben evidente la rappresentazione di tale gerarchia: la parte più vicina alla cupola mostra una serie di cornici con vivaci decorazioni fitomorfe (elemento decorativo che ha l’aspetto di una pianta o di un organismo vegetale), alle quali segue una fascia con girali e rappresentazioni figurate ritmate che somigliano a quelle della ruota nell’abside: una sorta di vaso composto da elementi vegetali di fantasia corrisponde a ogni spigolo, dal quale escono due racemi che creano grandi volute e un tralcio centrale.
L’anello successivo è occupato dalla rappresentazione, secondo lo pseudo Dionigi, delle gerarchie angeliche, la cui identificazione è aiutata dalle didascalie: al centro Cristo benedicente, col libro aperto in mano, è affiancato da Serafini (rossi) e Cherubini (blu), i più prossimi a lui e gli unici con tre paia di ali, ai quali seguono alternativamente a sinistra e a destra, separate da colonnine, due coppie dei vari tipi di angeli ovvero: Troni, Dominazioni, Virtù, Podestà, Principati, Arcangeli e infine gli Angeli.
Analizziamo ora la figura del Serafino aiutandoci anche con l’iconografia che è stata elabora e diffusa nel Medioevo.
Secondo la collocazione che venne fatta fra le varie citazioni di fonti canoniche e apocrife, i Serafini sono considerati gli angeli che stanno al cospetto di Dio.
L’unico passo della Bibbia che si riferisce ai Serafini è nel libro di Isaia (6:2-7), quando il profeta riporta la visione della sua chiamata nel tempio di Gerusalemme:
“Attorno a lui stavano dei serafini, ognuno aveva sei ali; con due si copriva la faccia, con due si copriva i piedi e con due volava”
Da tale descrizione derivò da parte dello pseudo Dionigi l’identificazione dei Serafini con la prima delle teorie angeliche, legando la loro natura di ardenti per il fuoco d’amore alla luce e alla purezza. Fu difficile trarre da questa definizione una precisa raffigurazione, che, in origine, pare derivare da preesistenti tipologie di creature spirituali note in Siria (I millennio a. C.), o anche dall’iconografia assiro-babilonese dalla quale è noto che possano provenire al mondo giudaico-cristiano le prime raffigurazioni correlate agli angeli.
I Serafini vennero rappresentati preferibilmente con sei ali e di colore rosso, segno di amore ardente, che accompagnano Dio, come è ben visibile in questa miniatura tratta dal libro Petites Heures di Jean de Berry.
Col tempo la loro rappresentazione si confuse con l’iconografia del cherubino, quando, passato il Medioevo si perse la complessa distinzione iconografica fra le teorie angeliche.
Vediamo altre opere in cui compaiono queste figure angeliche: in questo caso ci troviamo all’interno della chiesa di Panagia Parigoritissa (Consolatrice) ad Arta e quello che state osservando, un particolare, è mosaico, in cui sono rappresentati gli apostoli, con i lineamenti del volto illuminati da luce radente realizzata per mezzo di sottili tessere di diverso colore, alternati serafini e cherubini.
Quest’altra immagine si trova invece a Santa Sofia, Istanbul in Turchia. Già in questo caso si comincia a perdere l’iconografia orinale del Serafino, che preveda le ali di colore rosso fuoco. Tuttavia rimangono ancora le tre paia di ali sua caratteristica.
Ecco vediamo anche qualcosa di più contemporaneo: si tratta di un dipinto di Viktor Vasnersov del 1901, in cui viene raffigurata Maria in trono, affiancata da due Serafini, volti a simboleggiare la loro alta carica nella gerarchia degli angeli. Anche in questo caso si è perso il colore rosso delle ali.
Le opere che vi mostrerò adesso riguardano sempre le figure dei Serafini ma totalmente differenti dall’iconografia originale, vuoi per pigrizia dell’artista nel rappresentare le moltitudini ali dell’angelo, vuoi per una poca approfondita conoscenza sulla stessa iconografia.
In quest’opera (vedi sotto), il Giudizio Universale di Giotto, è ben evidente la gerarchia degli angeli: nel particolare 1, ci sono Angeli, Arcangeli, Principati e Potestà siedono alla sinistra di Cristo; nel particolare 3, invece, ci sono Virtù, Dominazioni, Troni e Cherubini, ciascuno guidato dal rispettivo vessillifero e siedono alla destra di Cristo. Ultimo particolare, il n° 2, occupa la posizione centrale dell’affresco e si tratta della figura di Cristo affiancato dai suoi apostoli.
Nove schiere di angeli divisi in due gruppi simmetrici e in file che scalano di profondità.
In questo caso, addirittura, si viene a perdere l’iconografia del Serafino, non si riesce a distinguere dalla folta schiera di angeli.
Concludo con un’altra opera contemporanea, questa volta di un autore conosciuto, si tratta del Sogno di Giacobbe di Marc Chagall.
In questo caso, non sto a descrivervi l’opera, nel lato destro (la parte blu per intenderci) è presente la figura del Serafino che schiarisce la composizione portando la luce divina. Abbiamo dunque un recupero di una antica iconografia, ma presenta solo due paia di ali.

Marc Chagall, Sogno di Giacobbe, 1966, Nizza
Abbiamo visto dunque come l’iconografia del Serafino si è andata via via perdendo negli anni a causa degli umanisti che misero in dubbio le teorie antiche. Questo provocò ovviamente sempre più confusione tra le diverse iconografie degli angeli, arrivando anche a esempi di Serafini raffigurati come Cherubini.
Scritto da Max