Il malessere nell’Arte di Van Gogh

Anche oggi, abbiamo accolto la richiesta di una nostra lettrice, desiderosa di leggere qualche parola sull’opera di Van Gogh, in particolare: “Paesaggio con covoni e luna che sorge“. Ma prima di fare ciò, come mio solito, farò un breve contesto di introduzione, giusto per rendere il tutto più corposo e completo possibile.

Conoscete tutti Van Gogh, che non lo si sia studiato o non si è del campo dell’arte, tutti in un qualche modo lo conoscono: molti per il famoso taglio dell’orecchio, altri per le meravigliose opere della sua seconda fase artistica;  perciò non starò qui a dilungarmi troppo sulla sua vita.
Si tratta di un artista emblematico e dotato di grandissima sensibilità e geniale creatività, basta guardare qualche sua opera per capirlo.
La sua esistenza è stata un viaggio nel “tormento dell’isolamento”: incompreso e solitario nella sua esasperata ricettività del dolore, lucido e cosciente della propria malattia che era anche fisica, ma soprattutto dell’anima.
Autoritratti, nature morte, paesaggi, campi di girasole, tutti pervasi da una grande emotività ed una velata malinconia che hanno caratterizzato tutta la sua produzione artistica.
Non è propriamente esatto parlare di pazzia nei quadri di Van Gogh, come molti critici hanno definito, poiché il suo tormento derivava dal malessere di vivere, comune a molti autori, sia nell’arte che nella letteratura di quell’epoca.

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Gli autoritratti di Van Gogh, come potete osservare voi stessi dalle immagini qui sopra, sono la massima rappresentazione del modo in cui l’artista concepisce il suo ruolo: un personaggio marginale rispetto alla società, non integrato in essa, ma proprio per questo capace di vedere più lontano.
Van Gogh, durante la sua vita, dipinse molti autoritratti: tra il 1886 e il 1889 rappresentò se stesso ben 37 volte. In tutte queste opere, lo sguardo del pittore è raramente diretto verso l’osservatore. Anche quando lo sguardo è fisso, sembra guardare altrove.
Non è un fenomeno inconsueto che un artista dedichi opere alla sua immagine, ma nel caso di Van Gogh questo suo esercitarsi sul proprio ritratto indica non tanto spirito di narcisismo ma quanto di profonda solitudine. Quasi che non abbia possibilità di trovare altri modelli se non se stesso.

Dopo esser stato dimesso dall’ospedale di Arles (per il famoso episodio del taglio d’orecchio), Vincent non riesce a riorganizzare la sua vita né a metter su un nuovo studio. Attribuisce il suo esaurimento al bere eccessivo e forse al fumo, anche se non smette ancora: temendo una ricaduta, va volontariamente all’ospedale psichiatrico di Saint-Rèmy, a 15 miglia da Arles. La sua diagnosi è mania acuta con allucinazioni uditive e visive.

“Desidero restare rinchiuso tanto per la mia serenità quanto per quella degli altri”

Dal maggio 1889 a maggio 1890, tra allucinazioni e periodi normali, Van Gogh realizzerà 143 dipinti ad olio e 100 disegni. Un periodo terribile e fecondo, che lascerà al mondo alcuni capolavori immortali. Di cui, una in particolare, che ha colpito la nostra lettrice e che chiudeva la mostra d’arte al Palazzo Reale: Paesaggio con covoni e luna che sorge.

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Vincent Van Gogh, Paesaggio con covoni e luna che sorge, 1889

Un quadro che l’artista dipinse osservando quel paesaggio dalla finestra dell’ospedale in cui era ricoverato per gli attacchi epilettici, che frantumarono la sua psiche, ma non il suo spirito che guidava la mano.
I critici d’arte non erano mai stati in grado di trovare un accordo: quella grande sfera arancione seminascosta dalla cima di un monte in un celebre quadro di Van Gogh è una luna che sorge o un sole che tramonta? La controversia è stata risolta, con scientifica sicurezza, dagli astronomi: un gruppo di ricercatori della Southwest Texas State University, guidati dal professor Donald Olson, ha stabilito che l’astro dipinto dal maestro olandese è la luna. Grazie alla posizione della luna in cielo, i ricercatori hanno potuto stabilire anche l’ora e la data esatte della composizione: le 21,08 del 13 luglio 1889.
Il grano come un mare si raccoglie e addensa a ondate nei covoni, e la luna, di un giallo che la fa sembrare sole, emerge dalle colline galleggiando in un cielo di stelle biancheggianti. Una notte che rivela un giorno. La luna che rivela un sole, e rima, in terra, con il grano. Una notte di luce solare. Una notte di frumento.

Quindi, la pittura e le opere di questo artista riflettono a pieno gli stati d’animo di Van Gogh. I quadri, il modo di dipingere, le pennellate, i colori esprimono i suoi tormenti, le ansie, le angosce alternate da brevi e fugaci momenti di gioia e di serenità.
Significativa è una affermazione di Octave Mirbeau, uno dei pochi che capì immediatamente il valore della sua arte:

“Non si era immedesimato nella natura, aveva immedesimato in se stesso la natura; l’aveva obbligata a piegarsi, a modellarsi secondo le forme del proprio pensiero, a seguirlo nelle sue impennate, addirittura a subire le sue deformazioni […] “.

Sono sicuro che anche a voi la pensiate come me: un quadro di questo artista, è capace di immergere l’osservatore nei sentimenti celati dietro la tela. Tramite la sua pittura, Van Gogh trasporta lo spettatore all’interno dei suoi sentimenti, ansie, paure, gioia, tristezza. Ma la sua arte riesce a fare molto di più: è capace di far rivivere nell’osservatore le stesse emozioni, gli stessi sentimenti che l’artista ha dipinto sulla tela.

Scritto da: Max

7 pensieri su “Il malessere nell’Arte di Van Gogh

    • Sisi! Ha questa forza che ti trasporta dentro, è bello quando un’opera d’arte ti lascia qualcosa in più, oltre al piacere degli occhi!! Poi magari, più avanti, potrei dedicare un articolo alla prima fase di Van Gogh che è pressoché sconosciuta ma molto interessante 🙂

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