Vincenzo Ragusa e la rappresentazione del volto in Giappone

Come tutti voi saprete, spero, grazie anche ai mille eventi culturali in programma e pubblicizzati  in ogni dove (di cui potrete annotare e prendere visione qui: http://www.it.emb-japan.go.jp/150/pdf/programma_150.pdf), il 2016 è l’anno in cui ricorre il centocinquantesimo anniversario del Trattato di amicizia e di commercio tra Italia e Giappone. Si tratta di un anno estremamente importante, dal mio punto di vista, perché sancisce un forte e consolidato rapporto di amicizia, che dura tutt’ora, nonostante le difficoltà incontrate e patite durante le guerre.
E come potevo io, non parlare di tale evento e dedicare un articolo?

Prima di addentrarci con l’argomento principale, incentrato sulla figura di Vincenzo Ragusa, è doveroso fare un breve sunto sul contesto storico del Giappone di fine Ottocento: era il 1853 quando il commodoro Mattew Perry guidò una spedizione di quattro navi da guerra nella baia di Edo (antica Tokyo), per stabilire un rapporto commerciale tra gli Stati Uniti e il Giappone. In questo modo mirava a favorire l’apertura del Paese che fino a quel momento aveva optato per un rigido isolazionismo, il cosiddetto periodo sakoku (letteralmente “paese incatenato”). Sei anni dopo l’arrivo del commodoro americano il porto di Yokohama si apriva finalmente alle potenze straniere attraverso il trattato di amicizia e commercio.
Con l’apertura dei porti, il Giappone si è visto introdurre nuove tecnologie e scienze (come ad esempio la fotografia) che lo portarono ad una rivoluzione e modernizzazione culturale senza precedenti.
Anche l’Italia ha contribuito a tale modernizzazione culturale in particolare in campo artistico. Personaggi come Edoardo Chissone (incisore), Giovanni Vincenzo Cappelletti (architetto), Antonio Fontanesi (pittore) e Vincenzo Ragusa (scultore), alla fine del XIX secolo hanno introdotto in Giappone, con l’insegnamento e la pratica, lo spirito e le tecniche dell’arte occidentale.

Vincenzo Ragusa si trasferì in Giappone tra il 1876 e il 1882 in quanto vincitore di un concorso per insegnare presso la Kobu Bijutsu Gakko (Scuola Tecnica di Belle Arti), in cui lavorarono come docenti anche Cappelletti e Fontanesi.
Vincenzo Ragusa si impiegò presso la Scuola d’Arte Industriale di Yokohama e qui insegnò le tecniche scultoree ed in particolare quelle della tecnica a fusione in bronzo, una pratica scultorea fino a quei tempi non ancora sperimentata in Giappone.
Il contributo di Ragusa in Giappone fu infatti entusiasmante e fondamentale per lo sviluppo di questa particolare tecnica scultorea, per la quale realizzò numerose opere, che oggi si conservano presso il Museo Nazionale di Tokyo ed il Museo della Tokyo University of the Arts (Tokyo Geijutsu Daigaku).

FotoJet CollageUn aspetto innovativo introdotto da Vincenzo Ragusa in Giappone fu la rappresentazione del volto umano. Numerose le sculture in ceramica ed in bronzo che raffigurano volti umani di persone comuni: giovane donna  giapponese, l’attore giapponese, la donna anziana, la moglie, la figlia, e molti altri ancora (come si evince dalle immagini qui a lato).
Potrà sembrare alquanto strano ad un contesto culturale occidentale questa particolarità, ma nella rappresentazione artistica giapponese la raffigurazione di ritratti femminili o maschili non era di consuetudine.
Infatti i giapponesi provavano molto imbarazzo per il realismo tipico dell’arte occidentale.

Ragusa 7

Vincenzo Ragusa, Tama Kiyohara, 1878-’79

Il primo di numerosi ritratti di gente comune è il busto, in bronzo, della futura moglie Tama Kiyohara che realizzò tra il 1878 ed il 1879.
Nel 1879 fu anche ricevuto dall’Imperatore Meiji per il quale realizzò diverse opere ed anche un ritratto attualmente conservato a Kōkyo (Residenza Imperiale).
Tuttavia in Giappone l’opera di Ragusa così come quella di Fontanesi fu molto valorizzata e diffusa soprattutto dal pittore Seiki Kuroda.
In seguito alla partenza di Vincenzo Ragusa nel 1882, non dipendente dalla volontà dello scultore siciliano, ma a causa della chiusura della scuola per motivi finanziari, l’influenza della tradizione artistica italiana andò diminuendo a poco a poco e gli artisti giapponesi iniziarono a cercare nuove fonti d’ispirazione per le loro creazioni.

Giunto a Palermo, sulla scia anche delle concrete esperienze di William Morris in Inghilterra, Ragusa, aveva istituito una Scuola Superiore d’Arte Applicata per la  conoscenza e la diffusione delle tecniche artistiche orientali.
È molto probabile che proprio per finanziare questa scuola Ragusa decise di vendere al Museo Etnografico Pigorini di Roma la sua grande collezione di opere artistiche ed oggetti orientali.

Sia Fontanesi che Ragusa sono stati sempre considerati dalla letteratura artistica giapponese due artisti molto famosi che hanno contribuito alla creazione dell’arte moderna nipponica.

Spero in futuro che ci possano essere più iniziative e scambi culturali, come quelli organizzati per tale ricorrenza, perché sono molto interessanti e ci avvicinano a una cultura nuova e lontana, arricchendo il nostro animo.

Scritto da: Max

 

 

 

 

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